Senza titolo (dalla serie dei “Disegni”), 1964
GPC-0017
Foglio da disegno con iscrizione a inchiostro nero, busta da lettera
55.7 x 44 cm
Firmato e datato sul foglio da disegno, al recto, in alto a sinistra: “Giulio Paolini 1964”
Collezione privata
Allestimento in espositore di plexiglas, da collocare su base bianca opaca (80 x 80 x 50 cm) oppure, in situazione domestica, su tavolo o altro piano orizzontale di appoggio.
Dimensioni dell’espositore: altezza 20 cm, larghezza e lunghezza variabili secondo le dimensioni del foglio da disegno, tali però da lasciare almeno 5 centimetri di respiro sui quattro lati.
Il foglio va disposto sul fondo dell’espositore, leggermente sfalsato e in posizione aperta (il lato firmato è da considerarsi come recto). La piegatura del foglio deve rimanere percettibile – eventualmente alzando di poco la parte superiore del foglio – per evitare l’effetto di appiattimento. La busta va posata anch’essa sfalsata rispetto ai lati del foglio.
Un foglio da disegno, firmato e datato in alto a sinistra e piegato in quattro, accoglie una busta da lettera. Le tradizionali funzioni reciproche dei due elementi risultano così invertite: la busta, anziché contenere un foglio, vi è contenuta; il foglio, molto più grande della busta, diventa contenitore. Il paradosso – o nonsense – si amplifica attraverso il motivo stesso della busta, che quale “contenitore” riporta al foglio piegato, in una logica autoreferenziale.
L’opera appartiene alla serie dei cosiddetti “Disegni” realizzati nel 1964, in un numero sconosciuto di esemplari (finora ne sono noti una trentina). Da un esempio all’altro, il foglio da disegno rivela al suo interno un elemento cartaceo, un oggetto oppure un’immagine, che in molti casi rinvia – per implicita corrispondenza – al foglio medesimo o al concetto di disegno. In questo senso, la corrispondenza fra contenitore e contenuto, “immagine” e supporto, in cui l’uno rinvia all’altro attraverso una preliminare applicazione della mise en abîme, si sviluppa parallelamente agli esiti maturati dall’artista nei lavori coevi con tavole di compensato, presentati nella sua prima mostra personale alla Galleria La Salita a Roma (cfr. da GPO-0052 a GPO-0063, GPO-0067; M. Disch, Giulio Paolini. Catalogo ragionato 1960-1999, Skira editore, Milano 2008, cat. nn. 52-63, 67).
“Il titolo ‘Disegni’, tra virgolette, è volto a disorientare l’osservatore di queste opere che sono e, al contempo, non sono dei disegni: lo sono, in quanto ne hanno la medesima natura (il supporto); non lo sono perché non accolgono alcun segno grafico”1. Il concetto di “disegno” viene infatti indagato anzitutto – talora in modo ironico – attraverso la natura del suo supporto convenzionale, il foglio di carta, mettendo in gioco la sua superficie, la sua estensione e la sua visibilità.
“Nei ‘Disegni’ l’idea è di escludere qualsiasi tipo di intervento o di manipolazione diretta. Il foglio sigla perciò soltanto i termini di una pura coincidenza (la firma e l’anno) e trattiene, ma non elabora, quel dato materiale (un altro foglio, la matita, una riproduzione, uno strumento di lavoro) che risulta così implicato in un progetto senza intenzione né finalità”2.
In origine, l’artista aveva concepito la presentazione di queste opere in modalità ripiegata – enfatizzandone la provocazione e l’enigmaticità del fatto percettivo – come attesta un allestimento realizzato in studio3. Di fatto, per ragioni espositive e funzionali, i “Disegni” vengono esposti con i fogli dischiusi, allestiti in un espositore o teca di plexiglas, per convalidarne l’estraneità rispetto al concetto ordinario di disegno destinato a una presentazione a parete.
1 L’artista in conversazione con Ilaria Bernardi, 22 ottobre 2012.
2 G. Paolini, Idem, Giulio Einaudi editore, Torino 1975, p. 42, nuova edizione Electa, Milano 2023, p. 68.
3 Cfr. Giulio Paolini 1960-1972, catalogo della mostra, Fondazione Prada, Milano 2003, ripr. p. 103.
• | Paolini: opere 1961/73, catalogo della mostra, Studio Marconi, Milano 1973, ripr. s.p. (riprodotto in orizzontale). |
• | Giulio Paolini. “Una collezione ’60/’80”, Studio Marconi, Milano 1990, ripr. p. 37. |