Senza titolo (dalla serie dei “Disegni”), 1964
GPC-0018
Foglio da disegno con iscrizione a inchiostro nero, foglio protocollo accartocciato
Firmato e datato sul foglio da disegno, al recto, in alto a sinistra: “Giulio Paolini 1964”
Ubicazione sconosciuta
Allestimento in espositore di plexiglas, da collocare su base bianca opaca (80 x 80 x 50 cm) oppure, in situazione domestica, su tavolo o altro piano orizzontale di appoggio.
Dimensioni dell’espositore: altezza 20 cm, larghezza e lunghezza variabili secondo le dimensioni del foglio da disegno, tali però da lasciare almeno 5 centimetri di respiro sui quattro lati.
Il foglio va disposto sul fondo dell’espositore, leggermente sfalsato e in posizione aperta (il lato firmato è da considerarsi come recto). La piegatura del foglio deve rimanere percettibile – eventualmente alzando di poco la parte superiore del foglio – per evitare l’effetto di appiattimento. Il foglio accartocciato va disposto liberamente sul foglio da disegno (ossia non al centro esatto).
Un foglio da disegno, firmato e datato in alto a sinistra e piegato in quattro, trattiene al centro un foglio protocollo accartocciato.
Prefigurazione di un motivo distintivo di numerose opere su carta di Paolini a partire dalla fine degli anni Sessanta, l’elemento accartocciato allude qui a una diversa modalità che una superficie cartacea ha di mostrarsi allo sguardo: anziché distesa e piatta, può assumere una forma, o come dichiara l’artista: “può subire e testimoniare diverse ‘avventure’”.
L’opera appartiene alla serie dei cosiddetti “Disegni” realizzati nel 1964, in un numero sconosciuto di esemplari (finora ne sono noti una trentina). Da un esempio all’altro, il foglio da disegno rivela al suo interno un elemento cartaceo, un oggetto oppure un’immagine, che in molti casi rinvia – per implicita corrispondenza – al foglio medesimo o al concetto di disegno.
“Il titolo ‘Disegni’, tra virgolette, è volto a disorientare l’osservatore di queste opere che sono e, al contempo, non sono dei disegni: lo sono, in quanto ne hanno la medesima natura (il supporto); non lo sono perché non accolgono alcun segno grafico”1. Il concetto di “disegno” viene infatti indagato anzitutto – talora in modo ironico – attraverso la natura del suo supporto convenzionale, il foglio di carta, mettendo in gioco la sua superficie, la sua estensione e la sua visibilità.
“Nei ‘Disegni’ l’idea è di escludere qualsiasi tipo di intervento o di manipolazione diretta. Il foglio sigla perciò soltanto i termini di una pura coincidenza (la firma e l’anno) e trattiene, ma non elabora, quel dato materiale (un altro foglio, la matita, una riproduzione, uno strumento di lavoro) che risulta così implicato in un progetto senza intenzione né finalità”2.
In origine, l’artista aveva concepito la presentazione di queste opere in modalità ripiegata – enfatizzandone la provocazione e l’enigmaticità del fatto percettivo – come attesta un allestimento realizzato in studio3. Di fatto, per ragioni espositive e funzionali, i “Disegni” vengono esposti con i fogli dischiusi, allestiti in un espositore o teca di plexiglas, per convalidarne l’estraneità rispetto al concetto ordinario di disegno destinato a una presentazione a parete.
1 L’artista in conversazione con Ilaria Bernardi, 22 ottobre 2012.
2 G. Paolini, Idem, Giulio Einaudi editore, Torino 1975, p. 42, nuova edizione Electa, Milano 2023, p. 68.
3 Cfr. Giulio Paolini 1960-1972, catalogo della mostra, Fondazione Prada, Milano 2003, ripr. p. 103.