Saffo, 1981

Le due fotografie montate verso contro verso fra due sagome di plexiglas – trattenute in una base dello stesso materiale – propongono una copia della Liegende Sappho (1797-1802) di Johann Heinrich Dannecker, ingrandita in grandezza naturale rispetto alla figura. Le fotografie più piccole, applicate in corrispondenza delle braccia come fossero trattenute dalla figura giacente, evocano altre due Saffo: il collage accostato al braccio sinistro, costituito da due fogli leggermente sfalsati fra loro, presenta l’immagine stampata in negativo di una testa antica, con relativa didascalia, mentre la fotografia inserita nel braccio destro riproduce la Saffo abbandonata (1857) di Giovanni Dupré1.
Con la figura di Saffo, poetessa greca vissuta tra il VII e VI secolo a.C., Paolini intende convocare nel contesto dell’esposizione d’arte “la presenza esplicita della poesia (o del suo mito, della ‘Decima musa’ di Alceo) nel luogo ad essa dedicato”1.
L’opera costituisce la quarta e ultima variante del tema Saffo, avviato nel 1968 (cfr. GPO-0144, GPO-0160, GPO-0163).

1 Le due immagini richiamano i soggetti di due precedenti versioni di Saffo realizzate da Paolini nel 1968 (GPO-0144, GPO-0160).
2 G. Paolini in Giulio Paolini. 2121969, catalogo della mostra, Galleria De Nieubourg, Milano 1969, s.p. L’attribuzione del soprannome “Decima musa”, secondo Paolini formulata dal poeta coetaneo Alceo, è ripresa da due opere precedenti dell’artista, Alceo e Decima musa del 1966 (GPO-0110, GPO-0111).