Rettangolo blu, 1976
GPC-0423
Matite colorate su carta blu
50 x 70 cm
Firmato, titolato e datato al recto, in basso al centro: “Giulio Paolini Rettangolo blu 1976”
Collezione privata, Torino
L’enigmatica crittografia trascrive a grandi lettere squadrate e in colori diversi i dati anagrafici dell’opera – nome dell’autore, titolo e data – iscritti in calligrafia autografa in basso al centro: “Giulio Paolini” (a matita nera), “Rettangolo blu” (a matita bianca), “1976” (a matita rossa).
La relazione tra le due scritture – quella pressoché illeggibile e quella in calligrafia autografa – genera un paradosso: se da un lato la crittografia non fa altro che ripetere, tautologicamente, i dati preesistenti dell’opera, dall’altro genera un soggetto misterioso, ai limiti della decifrabilità. La scrittura, tautologica nel suo contenuto, diventa un’immagine, peraltro illeggibile: tra i due momenti, apparentemente scontati, resta uno scarto, un enigma, un vuoto di senso.
L’opera fa parte di un gruppo di varianti sullo stesso tema, sviluppate tra il 1976 e il 1977 su carta (GPC-0416, GPC-0418, GPC-0420, GPC-0423, GPC-0445, GPC-0448), su tela (Tre colori, 1976, GPO-0343, Due quadrati, 1977, GPO-0347) e come edizione grafica (Double page, 1977, GPE-0027).